Tranfaglia a Il Salotto delle 6 : “Viviamo in un paese che non sa cambiare”

il salotto delle 6 su libriesuoni.it

Lezione storica doveva essere e lezione storica è stata, con simpatiche e taglienti irruzioni nel presente, l’incontro de Il Sal8 delle 6 con l’editorialista e docente universitario Nicola Tranfaglia, davanti ad un pubblico molto attento, che lo ha ascoltato in religioso silenzio.

Gran parte dell’incontro è stato dedicato all’analisi del rapporto tra il Partito comunista e il movimento Giustizia e libertà di Carlo Rosselli, soprattutto sui motivi che non hanno mai permesso un’unione vera. “I comunisti italiani erano proiettati verso i sovietici, posizione lontanissima da quella di Rosselli: il marxismo era determinista, mentre il socialismo liberale si basa sulla scelta degli uomini. Le cose non accadono perché devono accadere ma se si vogliono”.

Pasquale Bottone ha poi sollecitato Tranfaglia sul Pd: “Un partito che nasce da una fusione – ha risposto il professore che non si è sottratto alla discussione – decisa dai vertici fra due formazioni diverse. Una ‘fusione a freddo’ che non è riuscita, anche se è sempre il partito più grande del centro sinistra e può sempre risolvere i suoi problemi, almeno spero. Il problema sono i vertici, sempre gli stessi da vent’anni e credo che con questi sarà difficile lo scatto verso il socialismo europeo”. 

Il futuro è la cosa che preoccupa Tranfaglia, perché le nuove generazioni non hanno esempi da seguire: “Vanno cambiati i criteri della selezione di tutte le classi dirigenti”. Nella società e nella politica: “Vengo dal mondo universitario, dove nessuno assume posizioni. Non è molto diverso dalla politica, dove i protagonisti vengono scelti in un modo che li esclude già a priori dal mio apprezzamento. Se la società italiana non riesce a cambiare e rimane così imballata non potranno mai nascere novità. Il periodo politico che stiamo attraversando si avvicina ormai al ventennio, ma non è detto che finisca: si potrebbe passare dal ‘berlusconismo’ con Berlusconi al ‘berlusconismo’ senza Berlusconi. Ricordiamo che siamo un Paese non sa cambiare molto. Pensiamo al fascismo, se Mussolini non fosse entrato in guerra lo avremmo tenuto per altri 30 anni”.

Un ultima battuta è stata dedicata alla lite con Di Pietro, per cui Tranfaglia stava scrivendo il programma culturale dell’Italia dei valori: “Dietro alcune mie sollecitazioni mi disse che a lui della cultura non gliene fregava nulla”. E forse ce ne eravamo accorti tutti. E poi la chiusura con il suo sogno, al momento solo utopia: “Spero sempre che sia il momento della socialdemocrazia, perché basta con la riproposizione delle vecchie idee. C’è bisogno di una democrazia sociale, sia sul piano politico che economico”.

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