“IL TEMPO NON (D)ESISTE” È IL NUOVO ALBUM DELLA BAND CHE SPOSA IL ROCK D’AUTORE ATTRAVERSO LA REINTERPRETAZIONE DI NOTI BRANI DEL PASSATO CON UN SORPRENDENTE INEDITO IN USCITA IL 5 MAGGIO Il racconto entusiasta di alcuni episodi della canzone italiana visti sotto una luce diversa, come se si trattasse a tutti gli effetti di materiale completamente nuovo a disposizione soprattutto di chi non lo conosce nel suo abito originale. |
Lontani anni luce dall’emulazione rigorosa di repertori di big shots della musica italiana, i ragazzi de La Differenza si propongono con un live intenso e travolgente, zeppo di contenuti divulgati tra i ’70 e gli inizi del duemila, letti però con lo spirito di chi pubblica canzoni mai sentite prima. Il loro album in uscita il 5 maggio per Smr/Universal, “Il Tempo Non (D)Esiste”, prodotto da Stefano Severini e Raffaele Zaccagna, è così un richiamo allo splendore del repertorio meno noto di alcuni tra i più grandi artisti del periodo, una ricerca mai pedante ad uso delle nuove generazioni, seppur priva di compiacimento nostalgico. Il riflettore puntato su brani straordinari che sembrano scritti ieri ma che in buona parte dei casi sono sfuggiti al rimasticamento dei talent shows e dei pianobaristi estivi, investe il repertorio di artisti come Bennato, Finardi, Ron e quello più recente del primo Britti. E poi quello di Ruggeri, sebbene qui citato solo come autore, con diversioni nell’eleganza distaccata di Garbo e nell’intensità di Tony Cicco della Formula 3. Unica eccezione di una hit senza se e senza ma, “Sole Spento” realizzato con Omar Pedrini, comunque stravolto fino ad un reggae assolutamente coinvolgente. Tutti hanno apportato la loro collaborazione interpretativa al disco, rendendolo un unicum nell’attuale panorama musicale, così pure come Alberto Fortis che rilegge insieme alla band in chiave dark dance un capolavoro aspro di Faust’o (all’anagrafe Fausto Rossi) e nel caso dell’omaggio diretto agli Skiantos del formidabile Roberto “Freak” Antoni. «Non si è trattato di attualizzare nulla – dice Fabio, il cantante – ma semplicemente di riprodurre e suonare a modo nostro qualcosa che di per sé era già meraviglioso e “moderno”, inteso nell’accezione migliore naturalmente». |