“La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli”, Aristotele. Viterbo si candida nuovamente a “Capitale della Cultura Italiana”; il bando recita così:” L’iniziativa […] è volta a sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l’integrazione senza conflitti, la conservazione delle identità, la creatività, l’innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo”.
Viterbo, Città dei Papi sebbene da secoli ormai la vera città dei Papi sia Roma con la cittadella curiale vaticana, San Pietro, i fedeli in Via della Conciliazione; Viterbo, città delle fontane che i viaggiatori descrivevano nei diari di viaggio come “oggetti” preziosi che adornavano la città. Lo stesso eclettico Sir Horace Walpole, passando per questo luogo nell’aprile del 1740, con l’amico poeta Thomas Gray, rimaneva sorpreso nel vedere che” le strade della città sono delimitate da meravigliose fontane”. Le fontane da cui zampillava l’acqua, quasi come simbolo di prosperità e di “buona salute” del luogo che della propria cultura “agricola” costituiva un punto di forza. E l’acqua, dunque, era, la forza che alimentava la vita quotidiana; le voci delle donne presso i lavatoi comunali, acqua per gli “orticelli” dietro casa, i bambini a bere dagli zampilli, i cani a cercare refrigerio nelle ventose calde estati viterbesi.
Era tra i progetti del “nuovo” sindaco risistemare le fontane, riportarle ad antichi splendori: sembra uscire da un film di Disney la fontana di San Pietro alla Rocca, come anticamente si chiamava, quando l’acqua si gela e “si colora di bianco”, peccato che sia ormai ricoperta di un colore di marcio, di calcare e “vecchiaia”. Peccato che i turisti non possano godere delle storiche immagini di una bella città in decadenza. Potrebbe una fontana rappresentare l’essenza della dignità?
La perfezione non è degna dei comuni mortali, ma è certo che la dignità debba appartenere a tutti…, proprio a tutti? Certo, tutti gli uomini sono ugualmente degni di deferenza ma non è forse nel “vago” che potremmo trovare la giusta sembianza di un valore tanto ormai dimenticato? Perché mai, se tutti siamo degni di dignità, siamo sin da bambini costretti a incamerare nozioni, costrizioni, lezioni, rudimenti che “l’onesta educazione” impone su ogni essere ancor prima che questi veda la luce del sole? Sussiste piuttosto l’idea che ogni uomo debba essere rispettato anche “in negativo, per quello che di sé non vuol far conoscere agli altri” come sostiene Paolo Becchi ne Il dibattito sulla Dignità Umana: Etica e Diritto. La dignità, appunto, appartiene a tutti ma forse rimane un concetto apertamente interpretabile…
In letteratura numerosi sono gli esempi nei quali, (più o meno inconsapevolmente), si è provato a spiegare cosa è o non è la dignità dando vita a dissimili e eccentrici personaggi. Ne è portavoce la testarda creatura di Italo Calvino ne Il Barone Rampante che mai si pentirà di non aver più toccato il suolo terreno con un piede pur di sfuggire ai cliché della propria famiglia borghese. Sistema nel quale invece, la piccola perfida Briony, protagonista di Espiazione, Ian Mc Ewan, è perfettamente a proprio agio, almeno in apparenza, tanto da cercare di portare assetto nelle vite altrui, negando felicità alla sorella e al suo amato Robbie attuando azioni prive di equilibrio mentale e realismo.
La bambina Tallis capirà di non essere mai stata capace di dignità soltanto in vecchiaia, quando vorrà espiare le sue colpe tentando di far rivivere nell’immaginazione di un componimento quell’amore bellissimo da lei forzatamente spezzato per dispetto, gelosia, invidia. Come se nel romanzo fosse possibile separare e “superare le linee di faglia tra culture e società, mettendo in relazione, sconfiggendo sospetti e pregiudizi, combattendo la logica della contrapposizione”, scrive Maurizio Ascari. “Linee” esteriormente sottili che portano tragedia e tristezza anche nella vita di Catherine Earnshaw, nata dalla fantasia di Emily Brönte in Cime tempestose. Una creatura apparentemente fragile ma capace di giocare con la vita del pur adorato Heathcliff, defraudato e umiliato, che vive in tutti noi attraverso la sua celebre frase: “vorresti vivere tu se avessi l’anima nella tomba”? Dimostrando che il contrario di amore non è odio perché tutto diventa indistinto, abbagliante”, in certi attimi, come quando Marlowe arriva al centro delle tenebre e trova un bianco luminoso e accecante. “Un briciolo di dignità” unita alla ragione, unita a quell’amore, avrebbero salvato Heathcliff.
E dunque invece, la dignità non risiede piuttosto nell’azione e nella libertà? La dignità di Catherine non ha forse l’odore del denaro di Edgar -che sposa, rinunciando all’amore e rendendo Heathcliff un uomo impietoso? Ma del resto, afferma David H. Lawrence, che “si è trovato che il matrimonio è il miglior metodo di conservare la proprietà e di incrementare la produzione”. E aggiunge: “è quasi un assioma che il matrimonio di due personalità finirà sempre in un odio fisico sorprendente. […] Persone che finiscono con l’odiarsi in un odio che loro stesse non sanno spiegare, che cercano di nascondere perché se ne vergognano e che, nondimeno, è fin troppo dolorosamente ovvio specialmente ai loro stessi occhi” – lo dice lui. E ne dà eccellente esempio in L’amante di lady Chatterley. E resta quell’odore di denaro…
La lista di benpensanti, di politicanti, di parolieri è lunga! Commentando Un sonetto scelto non per caso un poeta lamentò che “qui, in questo luogo che luogo non è, o tempo che tempo non è, può anche succedere che il derubato diventi complice del ladro, addirittura per difenderlo dalle colpe che ha contratto contro di lui”. Ma luogo e tempo sono degni di realtà! E il tempo della difesa è andato. I derubati, chiunque essi siano, cittadini, immigrati, giovani, donne disorientate…, chiunque sia deturpato da superbe e misere frenesie di coloro che possono essere definiti airy signifiers, chiunque si ribelli.
Si assolva, prego, la lunga digressione, e si vada a vedere quale lavoro sta svolgendo una commissione di esperti a Matera, città candidata a Capitale Europea della Cultura 2019. Non si pretende troppo per la piccola Viterbo, ma almeno l’indispensabile…; che i Montecchi e i Capuleti locali uniscano le forze invece di invertire, cambiare o nascondere i nomi. E buona fortuna sfortunata, tenera cittadella. Quando sei nata non era previsto che qualcuno provasse a toglierti felicità e dignità…
Barbara Bruni
In foto: Piazza della Morte e la sua fontana