Esce a fine gennaio per Einaudi (collana Supercoralli) Cattivi, il nuovo romanzo del torinese Maurizio Torchio.
«La cella è lunga quattro passi e larga un paio di braccia tese. Se mi alzo in punta di piedi tocco il soffitto. È uno spazio a misura d’uomo. A misura mia».
Da una cella di isolamento proviene una voce che è quella di un condannato all’ergastolo per sequestro di persona. Il tempo è per lui puro e vuoto come la sua cella, il mondo fuori il riquadro della finestra a sbarre è un luogo irreale e di libertà per sentito dire. Tanto irreale che forse è solo sognato, che allora nasce la tentazione di chiamare il carcere “casa”; ma si tratta di una casa crudele, in cui il futuro si assottiglia un istante dopo l’altro, dove l’unico rumore è il tonfo sordo di una solitudine condivisa.
Maurizio Torchio racconta in maniera lucida e disincantata il significato del cibo, del sesso e dell’appassionato attaccamento agli oggetti che unisce vittime e carnefici all’interno di uno spazio chiuso dove l’attesa è vana e il “dopo” solo un’irragionevole speranza.