Un tuffo nei ricordi familiari di un figlio alle prese con un padre “supereroe”, “Giacinto Magno”, e nella storia più luminosa e meno controversa del calcio italiano degli ultimi cinquanta anni. Gianfelice Facchetti con il suo “Se no che gente saremmo” trova la strada del racconto della memoria ispirato e ben scritto , riuscendo nella non facile impresa di non appesantire la narrazione con eccessi di sentimentalismo di maniera ; il grande capitano dell’Inter, il non dimenticato Giacinto Facchetti, rivive nel libro in tutto il suo massimo fulgore, come esempio di sportività, di sano attaccamento al football, di persona dai principi solidi, di poche parole e molti slanci umani verso il prossimo. Eppure il suo è un ritratto vivo, palpitante, che non perde i legami con l’ attualità, che è un punto di riferimento indispensabile, un messaggio di fratellanza, un invito a vivere lo sport come crescita, confronto, dialogo e non solo fonte di smisurato arricchimento ( non sempre lecito). Gianlugi rivive i vari momenti della epopea del leggendario Giacinto, rilegge il suo rapporto con la figura del padre fatto di grande amore come di scontri generazionali accesi, ci conduce nei meandri della grave malattia dello stesso che si rivelerà incurabile, punta l’ indice con vis polemica sottile, ma efficacissima contro il pressapochismo di molti addetti ai lavori pronti a sfornare etichette offensive su autentici galantuomini solo per propria convenienza. In tal modo, con eleganza e precisione cronistica, amore dei dettagli e dell’ epico deja vu ( la grande Inter, Herrera, i successi della nazionale italiana di calcio) ci regala un memoir intriso di amore per la vita, di speranza e di orgoglio familare beninteso che è soprattutto un doveroso e sentito omaggio ad un uomo e ad un campione unico.
Pasquale Bottone