Lucariello, il nuovo album martedì 26

Esce martedì 26 aprile su etichetta Sugar “I Nuovi Mille”, il nuovo album di Lucariello. Undici tracce che raccontano di coraggio e voglia di riscatto, in cui il rapper parla di temi che riguardano l’Italia oggi, così come la sua Napoli. A dare il titolo all’album è “I Nuovi Mille”, brano scelto come sigla di coda della trasmissione di Giovanni Minoli  “La storia siamo noi” e del programma omonimo “I Nuovi Mille” in onda prossimamente su Raitre. Interpretato da Lucariello, Gerardina Trovato e dal coro di voci bianche del Teatro di San Carlo di Napoli, “I nuovi mille” è stato scritto  dallo stesso Lucariello, Giuliano Sangiorgi e Vittorio Cosma, per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Protagoniste le storie dei giovani dell’Italia di oggi: un ricercatore, un operaio, un amministratore locale, un immigrato, un giornalista antimafia, un militare in missione. Ragazzi che lavorano lontano dai riflettori impegnati a costruire con i loro ideali una società civile, motore della storia moderna.
I proventi della vendita del disco saranno devoluti in beneficenza alla Fondazione Pol.i.s., struttura promossa dalla Regione Campania,  impegnata ad aiutare i parenti delle vittime innocenti della criminalità. Tra i progetti che realizzerà la Fondazione anche una radio libera, un’emittente in FM che porterà nelle case dei cittadini campani nuovi contenuti artistici, educativi e culturali ricchi di speranza e voglia di riscatto. Una radio che vuole dar voce alla miriade di piccole realtà associative che costantemente combattono nella vita di quartiere e nelle scuole, capace di auto sostenersi diventando un riferimento per quella parte di mercato che vuole promuovere i propri prodotti attraverso un media dai contenuti innovativi e con la conseguente creazione di un nuovo target di pubblico sensibile alle attività sociali. Ad aprile l’album è “Fertile”, canzone scritta per metà in dialetto napoletano: un inno al valore della diversità che esprime la necessità di abbattere i muri per  continuare a rinnovarsi, nell’amore e nelle idee, tra culture e razze diverse.  Segue “Correre”, brano interpretato con la giovane Martina Salvati: in una città come Napoli  anche un campetto di calcio tra i vicoli può trasformarsi in uno scenario di guerra dove si consumano le faide familiari e dove un cognome può  diventare una bomba ad orologeria. Nonostante tutto c’è chi continua determinato ad allenarsi e  a palleggiare, correndo verso il mare e inseguendo i propri sogni. L’idea di “Lettera alla mia terra” nasce invece da un articolo di Roberto Saviano, scritto in seguito alla strage di Castel Volturno ed è cantata insieme a Raiz (ex leader degli Almamegretta). Nel testo si sottolinea che ora come non mai l’unico modo per cambiare lo stato delle cose è la presa di responsabilità e viene ripetuta in maniera quasi ossessiva la domanda “come te la immagini in futuro la tua terra?”. “’O munaciello d’’o teatro” è la favola di un dispettoso fantasmino della tradizione napoletana: un bambino vestito da “monacello”, che racconta la meravigliosa macchina del più bello e antico teatro lirico d’Europa, il Teatro di San Carlo di Napoli.  “Miriam” (Mama Africa) è l’omaggio di Lucariello a Miriam Makeba, la cantante sudafricana morta improvvisamente lo scorso anno durante un concerto a Baia Verde di Castel Volturno, a cui lo stesso Lucariello era presente, e dedicato ai sei ragazzi africani uccisi dal clan dei casalesi: esempio di libertà per il mondo, “Mama Africa”, così soprannominata dal suo popolo, è stata costretta più volte all’esilio dalla sua terra a causa della forza dei messaggi di democrazia contenuti nelle sue canzoni. “Don Peppino”, invece, nasce per ricordare il parroco di Casal di Principe,  Don Peppino Diana, ucciso dalla camorra. Un uomo che amava così tanto la sua gente, da non riuscire a nascondere il disprezzo per chi la immergeva nel terrore e nella paura. Scritto in napoletano da Lucariello, il brano si riassume nel ritornello: “La rabbia di non star zitto / quando è l’assassino a portare i fiori alla vittima. / Signore non so chi sei e se mi aiuterai / ma so da che parte stai / Per l’amore che sento per la gente mia / non posso star zitto.” Protagonista di “Veleno” è un camionista, padre di famiglia, che guida un’autocisterna piena di veleni e rifiuti industriali provenienti dal nord Italia, da riversare in Campania. Scritto in prima persona, il brano vuole essere anche un grido disperato contro tutti i “veleni” che distruggono l’uomo, quelli materiali, ma soprattutto quelli dell’animo: “veleno nell’aria, nell’acqua, nel pensiero!”. E’ cantata insieme a Zaionair, ex frontgirl del collettivo Almamegretta, “Mo’”: ispirata alla tipica espressione del dialetto napoletano che significa “adesso”, la canzone vuole essere il pretesto per descrivere la voglia che qualcosa accada, il desiderio di libertà e la possibilità di diventare in ogni istante un uomo migliore. “Terra Cavera”, scritta da Lucariello con gli studenti del laboratorio sui mestieri della musica“Veleno Fertile”, é la storia di un ragazzo che lascia la sua terra in cerca di una vita migliore, ma ben presto si accorge di aver abbandonato non solo il luogo dov’è nato, ma anche la propria missione e la propria libertà. Chiude l’album il brano autobiografico scritto interamente in napoletano “’O Parigino”. Un ricordo del nonno così soprannominato per la sua erre alla francese  ma anche una riflessione sul rapporto tra generazioni: un uomo grosso e apparentemente rude, provato dalle fatiche di una vita fatta di lavoro, capace di diventare sensibile alla dolce carezza di una canzone.   

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